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Insieme.

L’educazione è sempre stata per gli adulti un compito fondamentale, tanto che, sempre più spesso, i genitori si sentono vessati da consiglieri che spuntano da tutte le parti; in fila alla cassa del supermercato, la nonnina del piano di sopra che ti dice “due sculacciate non hanno mai ucciso nessuno”, e poi per non parlare dei familiari, che con i figli degli altri sono formidabili (!!). Tutti ci sentiamo di dare sempre buoni consigli nelle situazioni altrui, consigli che in fondo, nella maggior parte dei casi, sono critiche fine a stesse che non portano ad un reale miglioramento, tanto meno ad uscire da situazioni difficili e cristallizzate.

E poi ci sono loro, i genitori, che non sentendosi adatti al compito affidatogli, per paura o per mancata conoscenza, delegano a specialisti la crescita dei loro figli. Con questo non intendo asserire che non sia giusto sentire il parere di chi ha fatto dell’educazione il proprio mestiere, anzi, sarei ipocrita visto che anch’io sto studiando per questo, ma il punto è un altro ed è quello dell’assoluta importanza di non delegare qualcosa che spetta di dovere e diritto al genitore; di non lasciare unicamente alla scuola l’educazione e la crescita dei propri figli, ma in virtù di queste necessità, intraprendere un percorso di conoscenza e formazione per essere consapevoli ed adempiere al dovere di accompagnare e sostenere i bambini nella vita.

La responsabilità dell’educazione non si accorda con il concetto di “vita facile”.
Per questo i genitori soffrono in ciò che loro definiscono “insuccessi pedagogici”, ma di fronte alla proporzione del meraviglioso e allo stesso tempo delicatissimo compito, ciò è del tutto naturale.
Sono i bambini che scelgono i genitori come è vero che sono i genitori che preparano il terreno per l’arrivo di un determinato spirito. Ogni cosa che i pargoli della vita ci portano, come uno specchio di fronte ai nostri occhi, serve a noi adulti per migliorare e mutare una situazione cristallizzata probabilmente da anni o generazioni.

I bambini non sono articoli di lusso, un oggetto da esibire, un divertimento da riporre nel cassetto finita l’estasi iniziale. I bambini non sono bambolotti che fanno tutto ciò che vogliamo. Quante volte sarà capitato anche a voi di assistere a scene in cui gli adulti chiedono ai bambini di riproporre qualcosa che hanno imparato, del tipo “fai la linguaccia” o “fai la faccia arrabbiata” solo per far ridere chi hanno di fronte. Rischio di sembrare troppo selettiva, ma se facciamo una riflessione, forse ciò che dico è reale quanto terribile.
Pensate un attimo se si chiedesse a voi di compiere delle azioni per far vedere agli altri quante cose avete imparato; quanto siete bravi e divertenti.

Dobbiamo, a mio avviso, intraprendere un cambio di rotta e rendere giustizia al magico luogo dell’infanzia. Chi vuole rendere giustizia all’infanzia, a quell’essere sacro che porta amore e vita deve rendersi capace di sofferenza e rinuncia; pronto a confrontarsi con i propri scheletri nell’armadio, con le proprie debolezze, con le proprie ferite e con la propria infanzia, essere predisposto a rivedere abitudini di vita ed atteggiamenti.

Al giorno d’oggi, in una società che ci impone di essere sempre più concorrenziali e produttivi, quasi fossimo delle macchine, diamo più importanza allo sviluppo cognitivo dei nostri bambini, li riempiamo di impegni e di attività che possano aiutarli a sviluppare competenze, ma così facendo, come per noi adulti per i bambini, rischiamo di perdere di vista l’essere.

 

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“Tutti parlano della pace, però nessuno educa per la pace.. il mondo educa alla competizione e la competizione è l’inizio di ogni guerra.”

 

Non si può parlare di EDUCAZIONE senza parlare di AUTOEDUCAZIONE da mettere in pratica ogni giorno.

Sarà per questo che Maria Montessori scrisse:

“il bambino è lo strumento di Dio per l’evoluzione dell’umanità, evidentemente la natura, tra le missioni che ha affidato al bambino ha incluso quello di spingere l’umanità adulta ad un livello superiore”.

Per fare questo, per spingerci ad un livello superiore, dobbiamo prima prendere coscienza e consapevolezza del meraviglioso compito di EDUCARE (dal latino, EDUCERE = trarre fuori, tirar fuori o tirar fuori ciò che sta dentro). Dovremmo tirar fuori non soltanto i nostri talenti e quelli del bambino, ma soprattutto dare quanto darci la possibilità di far manifestare l’essenza spirituale insita in ognuno di noi.

Dobbiamo fare i conti con noi stessi perché soltanto così potremmo avere la forza ed il coraggio di guardare i bambini con occhi puri e sguardo pieno di amore.

Autoeducazione è anche decidere di prendere in mano la crescita dei propri figli, incontrarsi con altri genitori, mettersi in gioco, riprendere a studiare con l’aiuto di persone qualificate, porsi domande su cosa serva davvero al bambino per crescere felice e chiedersi cosa sia giusto per non cadere nella trappola del “si è sempre fatto così”.

Abbiamo e abbiate la forza di credere e sperimentare che tutto questo sia possibile; la vita ci ha fatto dono di un meraviglioso compito, dobbiamo prenderne coscienza ed impegnarci per esserne all’altezza.

 

“Nessuno educa nessuno,

nessuno si educa da solo,

gli uomini si educano tra loro con la

mediazione del mondo”

(P.Freire)

 

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