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L’abbraccio che cura

Oggi vorrei parlarvi di un tema a me molto caro: creare una sana connessione con i bambini che siano i nostri figli o i bambini di cui ci prendiamo cura, soprattutto creare una connessione quando sembra impossibile.

Partiamo dal termine connessione che significa stretta unione tra due o più cose in questo caso persone, ma come facciamo a connetterci con un altro essere umano se non siamo connessi con noi stessi?!

E’ davvero difficile, infatti come prima cosa dobbiamo lavorare sulla nostra ri-connessione e poi connetterci con il bambino che abbiamo davanti a noi, qui però vorrei raccontarvi dell’abbraccio che cura, uno “strumento” che mi ha aiutato a  risolvere situazioni difficili con bambini con cui lavoro.

Sicuramente il gioco è stato una delle cose che mi ha aiutato di più a superare le situazioni difficili, per i bambini avere dei genitori o degli educatori che amino giocare è molto importante, attraverso il gioco possiamo sciogliere tante difficoltà che i bambini possono incontrare, dal non voler andare a scuola, al non voler mangiare, ma purtroppo e dico purtroppo perché ne ho incontrati diversi ci sono bambini che hanno perso l’amore per il gioco o il loro gioco è impossibile a causa di aggressività, isolamento o mancanza di fantasia.

Questi bambini solitamente hanno emozioni soffocate che prendono il sopravvento mentre giocano con altri bambini, emozioni opprimenti che non riesco né a gestire né a controllare.

In questo caso noi adulti dobbiamo aiutarli ad uscire dalla loro torre dell’isolamento.

Vi racconto di una bambina di 4 anni che mentre giocava con altri bambini arrivata ad un certo punto si fermava immobile, iniziava a piangere e a cercare la mamma, osservando la scena mi accorgevo che nulla di “esterno” poteva aver infastidito la bambina, ma sicuramente il gioco per lei stava diventando troppo serio, stava entrando in una connessione profonda con i suoi amici e questo le creava una situazione di disagio perciò voleva la mamma, era troppo per lei.

Noi adulti solitamente ci accontentiamo di un livello superficiale di connessione con i bambini, non ci accorgiamo se non abbiamo un legame profondo o pensiamo che non ci sia nulla da fare, pensiamo di averle tentate tutte e alla fine vedendo che tutto sommato la nostra relazione non è così male ci accontentiamo, questo lo facciamo sì con i bambini di cui ci prendiamo cura, ma anche con tutte le altre persone che ruotano intorno a noi, partner, amici, colleghi di lavoro.

I bambini hanno però bisogno di un adulto che non getti la spugna e che lo aiuti ad abbattere il muro che non gli permette di sentirsi sicuro, hanno bisogno di adulti che insistano sulla connessione fino a che non vedono un passo avanti, se noi siamo disposti a dedicare tempo e impegno possiamo fare moltissimo.

Così presi la bambina che si divincolava tra le mie braccia, con calma e dolcezza e la trattenni vicino a me, lei piangeva, mi urlava contro e mi alzava le mani, io canticchiavo dentro me un dolce motivetto quasi impercettibile, non parlavo, non cercavo di spiegargli logicamente tutti i bei motivi (adulti) del perché quella reazione fosse esagerata e senza alcun fondamento o sul perché la mamma non potesse venirla a prendere o svariate altre possibilità logiche, comprensibili e accettabili per noi, ma completamente inutili per una bambina che in quel momento mi stava solo chiedendo aiuto, questo era il modo in cui lei riusciva a chiederlo, un modo giusto, lecito e da accogliere.

E così ho accolto tutte le sue lacrime, le sue parole negative nei miei confronti e tutti i suoi calci e pugni, ma alla fine dopo un bel po’, perché queste situazioni sembrano sempre durare tantissimo, la bambina è rifiorita, era calma, mi ha abbracciato con dolcezza, si è asciugata le lacrime ed è tornata a giocare con una nuova gioia con gli altri bambini.

Lei ha trovato in me un adulto capace di gestire le emozioni, in primis le mie e poi le sue, un adulto capace di offrirgli un rifugio sicuro se lei ne avesse avuto bisogno, un adulto che cercava una profonda connessione con lei, un adulto che l’ha accolta e l’ha compresa, ma che ha definito un limite fermo e sicuro.

Lei aveva bisogno di sperimentare in una nuova situazione di potersi sentire al sicuro, che qualcuno oltre la sua mamma la poteva aiutare, aveva bisogno di uscire dalle barriere dell’isolamento emotivo, di sfogare tutte le sue emozioni e di fare la scorta di “carburante” per poter giocare con altri bambini. E così è stato, da quel giorno è riuscita a sentirsi a suo agio in un ambiente nuovo, a giocare con bambini che non conosceva, sapendo che un adulto l’avrebbe aiutata a superare momenti difficili.

L’abbraccio contenitivo, non è per tutti. Alcuni ne hanno piena fiducia ed altri invece pensano sia una costrizione per il bambino, ma non è così almeno per me, l’abbraccio non deve essere mai stretto e fatto con forza, io mi sono accorta che molti bambini nel momento in cui li abbracci e li metti a sedere sulle gambe, loro sì, si divincolano, in realtà potrebbero liberarsi dalla tua presa, ma non lo fanno, restano lì perché è quello di cui hanno bisogno.

Lawrence J. Cohen nel suo libro gioca con me raccomanda di usare un contenimento fisico anche per i bambini che diventano violenti o agitati perché il contatto, la pressione ferma e il senso di protezione li aiutano ad organizzare le loro sensazioni e i loro impulsi.

Ci sono poi bambini che non riescono a smettere di fare del male agli altri bambini o a qualcun altro, magari corrono in giro rompendo oggetti, bambini che si rifiutano di istaurare qualsiasi tipo di contatto o se instaurano un contatto sono molto fisici e possono far male agli altri, in questo caso bisogna fermarli dolcemente ma con fermezza interna, la nostra voce deve restare calma e calda come anche la gestualità del corpo ma internamente dovete essere decisi.

Questo basta per far sì che il bambino si liberi in un pianto curativo o che cerchi il vostro abbraccio per poi tornare a giocare tranquillamente.

Anche in questo caso l’abbraccio contenitivo può aiutare, sia perché delimita un confine al bambino, sia perché rilascia e scarica delle emozioni soffocate che sono alla base di questi comportamenti.

Io l’ho provato in diverse occasioni e posso dire che con il tempo questi bambini diminuiscono l’aggressività verso i coetanei, che è una tappa fondamentale della crescita e non deve preoccuparci, ma che va limitata e definita senza però etichettare il bambino aggressivo come bambino cattivo e l’abbraccio che cura può essere una valida alternativa.

Un altro momento in cui si può usare il “FeelingsTime” è quando i bambini iniziano a chiedere con insistenza delle cose, ad esempio vogliono fortemente una cosa e la ottengono e subito dopo ne chiedono un’altra con la stessa tenacia e la ottengo ancora e poi di nuovo e si entra così in un circolo vizioso, oppure quando vogliono qualcosa che voi gli date, ma subito cambiano idea e vogliono un’altra cosa e poi ancora così fino a che solitamente il bambino inizia a piangere ad urlare o gli adulti non riescono più a sopportare la situazione e si arrabbiano, in questo caso il bambino ci sta chiedendo un limite, ci sta manifestando il suo bisogno di un confine, vuole e lo so che può sembrare strano un “no” da noi, un contenimento fisico. Un fermo no in questi casi può aiutare, vi racconto di una bambina di 5 anni che continuamente mi chiedeva cose che lei sapeva impossibili ed io con calma mi abbassavo alla sua altezza, la guardavo negli occhi e le dicevo “no, mi spiace so che ti piacerebbe tanto ma non è possibile ora fare quello che mi chiedi” e lei allora sorrideva e se ne andava quasi volando, questa bambina aveva bisogno di sentirsi sicura, alle volte oltre a questo la abbracciavo e la tenevo qualche secondo sulle mie gambe e lei era felice e il suo bisogno di confine e di sicurezza era stato appagato, ma non sempre è tutto così liscio, ci sono bambini che rispondono con lacrime o “scenate” ma anche questo va bene, in un certo senso il “no” è come l’abbraccio contenitivo, fornisce una resistenza che i bambini possono usare per rilasciare la tristezza, la rabbia e la frustrazione in eccesso e poi per sentirsi al sicuro e più leggeri.

E’ fondamentale comprendere però che l’obbiettivo del contenimento fisico, o l’abbraccio che cura come piace chiamarlo a me, non è quello di punire i bambini, le punizioni vanno assolutamente abolite, o quello di far sentire noi adulti superiori, ma di creare una situazione in cui i bambini possano liberarsi dalle tensioni emotive accumulate, di liberarsi di emozioni dolorose che interferiscono nella loro connessione con gli altri in un ambiente caldo come un abbraccio.

Perciò è meglio non contenere i bambini se voi stessi vi sentite arrabbiati e non avete il controllo sulle vostre emozioni, meglio in queste occasioni prendersi una pausa e tornare con il bambino quando sarete calmi e amorevoli.

E poi tanto yoga e meditazione che serve sempre!

 

 

 

 

 

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